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Comuni virtuosi - Parola d'ordine: Comunità

Comuni virtuosi - Parola d'ordine: Comunità
Data di pubblicazione: 12/09/2015
 

Un bellissimo articolo di Marco Boschini tratto dal sito comunivirtuosi.org prende l'esempio del nostro comune nei progetti innovativi e nella voglia di non arrendersi alle difficoltà quotidiane che può incontrare una piccola comunità, sfruttando ciò che il territorio offre e trasformando le problematiche in opportunità di crescita e di sviluppo.

Ecco l'articolo:

" Sostiene Paolo Pileri, professore del Politecnico di Milano, che “senza suolo non potremmo vivere. Il suolo produce cibo, contribuisce a regolare emissioni e sequestro di gas serra e altri gas, trattiene le acque piovane che vengono rilasciate pian piano alimentando le falde e quindi producendo acqua potabile, è sede di almeno un terzo della biodiversità terrestre e così via.”

Dalle parti di Castel Del Giudice, trecentocinquanta anime in provincia di Isernia, lo sanno bene, lo si capisce dando una scorsa ai progetti sperimentati dalla comunità, in un territorio che al problema del consumo di suolo si era visto affiancare quello, altrettanto drammatico, dell’abbandono e dello spopolamento.

“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto”.
(Albert Einstein) La prima domanda che rivolgo al sindaco è personale. Mi incuriosisce scoprire la scintilla che ha acceso il fuoco politico che anima Lino Gentile, in consiglio comunale dal 1995. “Il mio è un comune piccolissimo e l’impegno amministrativo è da sempre stato per me un obbligo morale. Fare il sindaco di un piccolo comune è un’esperienza straordinaria che ti arricchisce dal punto di vista umano (non certo economico, viste le ridicole indennità, n.d.r.). Qui i dipendenti sono ridotti all’osso e gli amministratori sono chiamati a risolvere problemi ed affrontare questioni che spesso vanno oltre le proprie competenze. Siamo l’unico interlocutore che i cittadini hanno per “presentare” i propri problemi, non esistendo più altre forme organizzate come i consultori, i patronati, i sindacati, gli sportelli informativi. Con la maggioranza dei cittadini ho un rapporto molto buono, soprattutto con gli anziani, e di questo sono molto orgoglioso.”

Quando gli chiedo come si fa a gestire un piccolo comune come il suo con tutti i vincoli e i problemi che attraversano le istituzioni locali la sua risposta è ferma, non ammette dubbi: “Un piccolo comune di montagna si gestisce con la saggezza del buon padre di famiglia. Si va avanti con la stessa filosofia di tante famiglie che resistono alla crisi economica con sacrifici e dignità.”

Ma veniamo alla sostanza di questa storia, ciò per cui ne scrivo. A rileggere il dossier che ne riassume i contenuti mi viene in mente una bella frase di George Bernard Shaw: “Alcuni uomini vedono le cose per come sono e chiedono: “Perché?”.
Io oso sognare cose che non sono mai state e dico: “Perché no?”.
 Nel 2002 nasce l’idea di recuperare le vecchie stalle abbandonate del paese, trasformandole in una struttura ricettiva di tipo alberghiero. Le stalle erano di proprietà dei cittadini, pertanto senza la loro disponibilità il progetto non sarebbe mai potuto partire. Le famiglie rimaste, per lo più gli anziani del paese, concedono la disponibilità del proprio immobile a vantaggio di un progetto di comunità, il risultato non era scontato soprattutto per un piccolo paese di montagna dove lo scetticismo e la rassegnazione sono di casa. Per realizzare il progetto il Comune costituisce, insieme ad alcuni partner privati e con il pieno coinvolgimento dei cittadini-proprietari degli immobili, una STU, Società di Trasformazione Urbana denominata “Vello Spa”. “Nel nostro caso la comunità si è fidata di noi, e i privati hanno raccolto la sfida di un’iniziativa che faceva sul serio. Abbiamo anche goduto di una credibilità conquistata sul campo, con l’azione concreta.”

Qualche tempo prima, infatti, il Comune decide di trasformare un problema e un danno (di immagine ed economico) in opportunità e sviluppo. C’era una scuola ormai in disuso, abbandonata da anni di mancate iscrizioni, sempre per colpa di quel dannato spopolamento che sta facendo degli Appennini tante occasioni perdute di un modello insano di sviluppo. “E’ stato il primo progetto su cui abbiamo lavorato. Abbiamo sempre pensato di puntare sulle nostre risorse, su quello che il paese offriva, senza inventarci nulla di strano. L’impegno era quello di dare una destinazione efficace a tutte le strutture pubbliche (e non solo) inutilizzate. La riconversione della scuola elementare, oramai chiusa da anni per mancanza di iscritti in una struttura socio sanitaria, rappresentava un’opportunità che consentiva di raggiungere contemporaneamente due obiettivi: garantire servizi agli anziani e creare posti di lavoro. La struttura, che oggi accoglie trenta ospiti e garantisce venti posti di lavoro, è gestita dalla “San Nicola Srl”, società promossa e costituita dal Comune con la partecipazione azionaria di cittadini ed imprenditori locali.”

Poi c’è stato il progetto del meleto: terreni incolti recuperati e restituiti ad un’agricoltura sostenibile. Nell’anno di Expo e nella patria del dissesto idrogeologico, un’idea concreta per dimostrare che un altro modello è realmente possibile. L’iniziativa ha previsto la messa a dimora di quasi cinquanta ettari di meleto biologico, mediante la costituzione di una società agricola con capitale diffuso. Gli attori coinvolti sono stati il comune, i cittadini ed alcuni imprenditori del posto. I terreni sono stati presi in affitto dai proprietari con contratti ventennali. “Abbiamo recuperato quasi ottanta varietà antiche di melo. La produzione viene venduta tramite i gruppi di acquisito solidale, i mercati locali, ad un’azienda specializzata nella produzione di succhi di frutta per bambini e, una parte, trasformata in succhi di frutta e marmellate.”

Tre progetti che sono un esempio, formidabile, di cittadinanza attiva e buona politica. Parola d’ordine: condivisione. Ecco cosa si cela dietro ai numeri di questa storia colossale, le persone. Cinquanta stalle rifunzionalizzate per centocinquanta posti letto creati dal nulla. Ottanta proprietari coinvolti e due imprenditori privati per un investimento complessivo di sette milioni e mezzo di euro. Una trentina i posti di lavoro creati, per un consumo di suolo pari a zero.

Le persone, sempre loro, a far la differenza quando indossano gli abiti scomodi del cittadino. Tanto che oggi è l’unico paese del territorio ad aver invertito la rotta dello spopolamento, con un saldo attivo che significa nuovi residenti che ripartono da qui, per un progetto di vita. “Tra dieci anni il paese ci sarà ancora. Il mio auspicio è che l’integrazione tra i tre progetti – sviluppo dell’economia sociale, sviluppo del turismo mediante ospitalità diffusa e sviluppo dell’agricoltura sostenibile – determini una condizione di vivibilità ottimale, perché forse abbiamo anticipato un piccolo modello di governance territoriale alternativo alla maggioranza delle formule.”

Il sindaco ha le idee davvero molto chiare. E’ già lì a pedalare per raggiungere nuovi traguardi: come la produzione di birra agricola biologica, sfruttando altri terreni abbandonati particolarmente vocati alla produzione di orzo di qualità.

“Un ammasso di roccia cessa di essere tale nel momento in cui un solo uomo la contempla immaginandola, al suo interno, come una cattedrale.”
(Antoine de Saint-Exupéry). "